Stando al rapporto annuale EPI, le donne italiane sarebbero migliori degli uomini in inglese, con un risultato di 54.58 rispetto al 53.46 degli uomini, ma lo stesso vale a livello europeo (56,56 contro 54,74) e mondiale (53,40 contro 52,08).
Il rapporto esistente tra le donne e le lingue moderne è di lunga data. Se facciamo qualche piccolo passo indietro ci rendiamo subito conto che l’apprendimento delle lingue straniere era un elemento fondamentale nell’educazione delle giovani borghesi, nel 1789, lo studio dell’inglese e dell’italiano era raccomandato perché queste due lingue sono in grado di sviluppare la mente delle donne. Le ragazze dovevano dedicarvi almeno un’ora al giorno, per la loro istruzione. E l’occupazione del traduttore era quella che più si addiceva alle donne.
Oggi il fenomeno si è delineato. Le donne continuano ad apprendere le lingue, anzi, in certi ambiti considerati più letterari sono sovra-rappresentate: secondo i dati dell’Istat, nell’anno accademico 2007/08, su 57.013 immatricolati a lettere e lingue, l’80% erano donne. Su 17.202 immatricolati in lingue, 81,6% erano donne. Negli ambiti umanistici (lettere, insegnamento, lingue, psicologia) la percentuale di studentesse è schiacciante, inoltre le laureate sono circa il 60%.
Studi condotti in Europa, Asia dell’est e America Latina sono arrivati tutti alla stessa conclusione: per apprendere una lingua, le donne usano elementi di apprendimento diversi, come la lettura o la scrittura, e diversi elementi del linguaggio, come il vocabolario e la pronuncia. Gli uomini invece si limitano più spesso a un solo metodo, a un solo strumento.
Questi studi provano solo che gli uomini e le donne funzionano in modi diversi, anche quando si tratta di apprendimento. Anche se le donne sono più numerose negli ambiti letterari e linguistici dell’università ciò dimostrerebbe solo che gli uomini e le donne hanno gusti, desideri e ambizioni professionali diversi.